Italiana

Perché la crisi dell’ Euro si è protratta così a lungo?

Com’è possibile che i politici Europei abbiano permesso che la disoccupazione salisse a livelli così vertiginosi?

Non si può comprendere l’ Euro senza comprendere la sua storia. L’Euro è nato da un’ambizione politica di integrazione Europea. Durante questo processo, le motivazioni economiche hanno avuto solo un ruolo secondario. Il tutto è alquanto paradossale, visto che rinunciare alla propria valuta è una delle decisioni macroeconomiche più importanti che un paese possa fare.

L’Eurozona non è legata da alcuna unione politica. Le decisioni devono essere raggiunte attraverso l’accordo fra 17 paesi indipendenti. Questo crea un processo lento ed inefficiente. La mancanza di unità politica rappresenta un serio impedimento alla capacità di affrontare crisi economiche e finanziarie in modo efficace. Questa situazione lascia i paesi europei colpiti dalla crisi in una condizione di grave deflazione. L’ aggiustamento economico è simile a quello avvenuto durante il gold standard di alcuni decenni fa. Il costo economico associato a questa spirale deflazionistica alimenta tensioni politiche tali da presagire crisi future.

L’alternativa ad una ulteriore integrazione politica è una forma di dissoluzione dell’ Euro. Se i vari paesi non sono in grado di condividere un processo comune, la conseguenza logica è di fare marcia indietro e tornare a politiche economiche indipendenti, incluso il ritorno a valute indipendenti. Questo discorso di separazione è complesso e non pienamente compreso, con una multitudine di miti da sfatare.

L’ Euro nella sua forma originale è finito. Una nuova versione dell’ Euro è attualmente in costruzione. I rappresentanti europei preferiscono chiamarlo EMU 2.0. Ma non è ancora finito, ed è troppo presto per dire con certezza che forma avrà e se sarà in grado di sopravvivere all’attuale crisi economica e sociale.

Il destino dell’ Europa ed il futuro dei mercati finanziari globali dipendono in modo critico dall’evoluzione dell’ Euro da qui in avanti. Sarà una valuta forte? Sarà una valuta debole? O andrà a pezzi? La paralisi attuale e le modalità con cui si risolverà definiranno il futuro dell’ Euro, influenzeranno la vita di milioni di cittadini europei, e determineranno la performance dei mercati finanziari nel mondo.

___________________________

logo l'espresso

Recensione libro di Giorgio La Malfa nel settimanale L’Espresso (Novembre 2013)

“La crisi economica  e il rischio di disgregazione dell’euro cui si è andati vicini nel 2012  hanno fatto saltare la cappa di conformismo che ha accompagnato, fin dai suoi esordi, le vicende dell’Unione monetaria europea.  La fragilità del progetto della moneta unica  e i rischi del suo fallimento  erano ben chiari  fin da quando venne firmato il Trattato di Maastricht, nel 1992, ma fino a ieri,  la parola d’ordine delle classi dirigenti europee è stata negare  i problemi e rifiutare di  discutere seriamente le regole dell’euro. Ora il re è nudo e cominciano a uscire dei libri che affrontano  i problemi e pongono il tema del da farsi. E’ appena stato pubblicato, in inglese, un libro di un  economista danese Jens Nordvig, The Fall of the Euro, che è  il prodotto migliore di questa stagione critica.”         GIORGIO  LA MALFA

___________________________

La prefazione in italiano via Goofynomics (di Alberto Bagnai) Goofynomics

“Ho scritto questo libro perché sono preoccupato per l’Europa. Sono triste e arrabbiato per la situazione dell’eurozona e per come è stata affrontata. Sono triste perché così tanti cittadini europei innocenti sono vittime di una crisi economica devastante. Laureati giovani e brillanti a Madrid, Roma, Lisbona stanno incontrando grandi difficoltà nell’ottenere un lavoro decente – non per colpa loro, ma per colpa di politiche economiche inefficaci…”

___________________________

Repubblica, Novembre 30, 2013)

“Nell’ultimo anno la situazione dell’Europa si è rapidamente deteriorata, con il cambio reale effettivo dell’euro che si è apprezzato di circa il 6% e la disoccupazione più alta rispetto a tutte le altre maggiori economie del mondo. E’ quanto risulta da uno studio di Jens Nordvig…”